martedì 6 ottobre 2020

Emily in Paris

Emily in Paris è una nuova serie TV targata Netflix uscita da appena qualche giorno. Ispirata dal trailer che mostrava una splendida Parigi, abiti meravigliosi e Lily Collins, ho deciso di iniziarla.
Emily è un'addetta al marketing di un'importante agenzia americana, che si trasferisce a Parigi per motivi lavorativi e si trova ad affrontare le enormi differenze culturali tra i due paesi. La trama è veramente scontata, avendo accennato nel trailer "il diavolo veste Prada" e "Sex and the City" mi aspettavo qualcosa di più sugli abiti, che invece ho trovato piuttosto basilari (seppur molto belli).
Sinceramente ho pensato di abbandonarla alla quarta puntata, sia per la trama da fan fiction, sia per gli stereotipi che ho trovato davvero fuori luogo.
Avendo vissuto in Francia, e nella stessa Parigi per un determinato periodo della mia vita, tutto ciò che ho visto in questa serie l'ho trovato ridicolo. Gli stereotipi continui che vanno avanti per tutta la serie dipingono i parigini  come un popolo scontroso,
senza voglia di lavorare e soprattutto la parte maschile ne esce fuori veramente male. Da un lato abbiamo Emily dipinta come un angelo americano che ovviamente è stakanovista e organizza non solo la sua vita ma quella di tutti quelli che le stanno attorno, dall'altro abbiamo i brutti e cattivi uomini francesi che tradiscono e ci provano costantemente  con la protagonista.
Tutto ciò viene ripetuto in ogni puntata fino a diventare sfiancante per chi guarda e ridicolo.
Ovviamente è una serie gradevole se si esclude questo odio immotivato per i francesi.
La mia valutazione non può essere più di 6/10. Davvero, è stato irritante vedere
 continuamente l'arroganza con cui Emily si ergeva su tutti.
La consiglio a chi ha voglia di una serie spensierata, una commedia romantica senza pretese.

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