Autore: Antonio Dikele Distefano
Editore: Mondadori
Anno pubblicazione: 2017
Numero pagine: 162
Trama
Questa è la storia di Yannick e Ifem, la storia di due ragazzi. Di mancanze, assenze, abbandoni, di come è difficile credere nella vita quando questa ti toglie più di quanto ti dà. Una storia iniziata in un quartiere dove a cadere a pezzi sono le persone prive di impalcature, schiave delle condizioni economiche al punto di attaccarsi al lavoro rinunciando così alla vita. Dove chi non ci riesce beve fino ad annullarsi e alza le mani sui figli e sulle mogli dietro imposte serrate. Dove la gente sa e non fa nulla. Perché addosso tutti hanno l'odore dei poveri e le scarpe consumate di chi è abituato a frenare in bici coi talloni. Una storia di sogni infranti che i figli ereditano dai genitori, partiti dall'Africa per "na Poto", l'Europa, senza sapere che questo paese non è pronto ai loro tratti del viso né preparato a sostenere le loro ambizioni. Basta avere la pelle un po' più scura per essere preso di mira, il taglio degli occhi diverso per sentirsi intruso, un cognome con troppe consonanti per sentirsi gli sguardi addosso. In questa desolazione, Ifem prova a colmare il vuoto che la mangia da dentro con l'amore. Quello per Yannick. Un ragazzo che sembra inarrestabile. "Ifem, non ci fermeremo finché non capiranno che non siamo neri che si sentono italiani, ma italiani neri" le ripete continuamente. Ma pian piano quell'amore, come tutto attorno a lei, svanisce. Ne rimane solo un'ombra sottile nelle linee immaginarie che lei traccia sulle labbra di lui mentre dorme. Uno dei pochi momenti in cui Yannick sembra quieto. Perché a fermare la sua corsa è la cocaina. Iniziata per noia, quasi per caso, perché lui è cresciuto in un quartiere popolare dove tutti almeno una volta hanno provato, anche i preti. E perché per un attimo la polvere bianca riempie qualsiasi vuoto - ti fa sentire come avessi dentro tutto il ferro della torre Eiffel -, ma poi si porta via tutto.
Recensione
Il libro si legge in appena qualche ora, è molto scorrevole d è suddiviso in due parti, nella prima parte abbiamo la storia vista dal punto di vista di lei (Ifem), mentre nella seconda parte si cambia il punto di vista e ci ritroviamo nei panni di Yannick, il nostro lui.
E' un racconto breve che non segue una vera e propria storia, sembra quasi incompleto. Si parla di Ifem che è in cerca di un amore, che poi sia un amore giusto o meno non ha importanza, sembra quasi che cerchi di colmare un vuoto interiore e si limita a stare con il primo ragazzo che capita, ovvero Yannick.
Proprio lui, d'altro canto, è un tossicodipendente che non sembra sia intenzionato a smettere o ad affrontare i propri demoni, per cui si approfitta di Ifem fin quando gli fa comodo.
Fin da subito ci accorgiamo che questo fantomatico amore in realtà è tossico. Non ha niente di positivo per entrambi, anzi li porta sempre più ad autodistruggersi. Anche se viene alternato a frasi romantiche e poetiche che porterebbero a farci credere che siano realmente innamorati e quello che provano sia giusto e corretto. Ho veramente odiato questo messaggio, il fatto di non aver mai menzionato a questo tipo di relazione come tossica ma anzi è stata quasi romanticizzata.
Il percorso di Yannick per uscire dalla droga invece è stato totalmente abbozzato, la seconda parte sembra quasi inserita solamente per aggiungere pagine al libro.
Ma ci sono anche delle note positive, alcuni dialoghi poetici sono davvero belli se si esternano alla storia, ho anche apprezzato come è stato trattato il rapporto famigliare di Ifem.
E' un romanzo per adolescenti, niente grandi aspettative e non resterete delusi. Scritto in maniera semplice e lineare.
Vi dirò, leggendolo non credevo di avere così tante critiche. Ma oggi, analizzandolo meglio mentre scrivevo la recensione ho notato che l'unica cosa rimasta impressa è questo amore tossico tra i due.
Valutazione:
Interessante.
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